Descrizione
Guerra sociale italica. Origine dello stemma di San Ginesio
Un libro di Tonino Servili
La Guerra sociale italica, o bellum italicum, fu un conflitto consumatosi tra il 91 e il 88 a.C. tra Roma e i popoli italici, suoi ex alleati (in latino socii, da cui guerra sociale), mossi nella loro ribellione da motivazioni di ordine sociale e politico. Essi chiedevano infatti giustizia e la piena cittadinanza romana. Gli insorti costituirono un proprio stato autonomo, che chiamarono “Italia”. Il nome del nostro paese compare dunque per la prima volta a indicare un sogno di stato diverso, fondato sull’uguaglianza e sull’unione di popoli diversi, ma accomunati dagli stessi diritti.
Tonino Servili, grande studioso e appassionato di storia, riprende questo celebre episodio aggiungendo e fornendo al lettore dettagli inediti, calando nel contesto locale un conflitto trattato solitamente nei manuali scolastici. Infatti, come racconta Servili, tra i socii in lotta con Roma erano annoverati anche i Piceni, antico popolo appenninico antecedente agli stessi romani, il cui territorio si estendeva in tutte le odierne Marche e ai quali dobbiamo anche il nostro stemma (non a caso il picchio era l’animale sacro per i Piceni).
L’episodio decisivo ebbe luogo nella città di Ascoli, quando gli ascolani fecero a pezzi gli ambasciatori romani che si trovavano a teatro, “con la partecipazione di tutti i presenti”. A seguito di quanto accaduto nel territorio marchigiano non fu più possibile auspicare ad una conciliazione, racconta Servili, e la ribellione dilagò in tutta la penisola.
Attraverso le fonti antiche egli ci offre un quadro dettagliato dei “grandi sacrifici e distruzioni di uomini e città avvenuti durante l’insurrezione per ottenere il diritto alla cittadinanza Romana, che Roma prometteva e mai concedeva”. Un tema, quello della cittadinanza, quanto mai attuale in un contesto sociale che vede ancora oggi l’Italia, come sempre è stata in tutta la sua storia, al centro del Mediterraneo.
Nella seconda parte dell’opera invece, il focus si sposta sulla città di San Ginesio, di cui viene fornito un resoconto storico che parte ancora una volta dalle fonti più antiche. Il nome di San Ginesio compare infatti per la prima volta – secondo il Armis Romanis di A. Gentili – già nel mille avanti Cristo, quando la zona era abitata dai Piceni.
Anche la disposizione di San Ginesio secondo Servili sembra seguire il modus operandi prettamente romano di fondazione delle città, che sorgevano ordinatamente intorno a due vie principali (il cardo e il decumano), che si incrociavano andando a formare un angolo retto. Egli individua nel groma, attrezzo in uso nell’antica Roma per tracciare un perfetto angolo retto (fondamentale nella progettazione delle città) una possibile chiave di lettura del vecchio stemma di San Ginesio, la cui origine è sconosciuta e avvolta nel mistero.
Al centro dello stemma vi era infatti una sorta di “sette rovesciato”, interpretato da molti come una mezza croce dello stemma papale. All’interno dei suoi scritti Servili avanza l’ipotesi che l’origine dello stemma sia molto più antica: a suo parere il simbolo rappresenterebbe la versione maiuscola della lettera greca “gamma”. Questa, che sembra non a caso un angolo retto, era utilizzata come simbolo per indicare il groma.
Nei suoi affascinanti scritti Tonino Servili restituisce un quadro vivido e dettagliato della storia più antica del territorio ginesino e marchigiano che ci permette di collocare il nostro contesto locale all’interno della grande storia “ufficiale”, regalandoci anche esempi di coraggio, di forza, di ribellione, ancora estremamente attuali.
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